La Francia, dopo la rivoluzione del 1789, ha affrontato una nuova sfida di simile impatto nel 1940. Questa volta la sfida è stata a difendersi dai nazi-fascisti. Tutti sappiamo del governo collaborazionista di Pétain, ma i collaboratori sono comunque rimasti una minoranza. Il punto di riferimento per tutte le nostre tre opere per flauto dalla Francia è l'anno 1945. Fino ad allora, la "Résistance" si era opposta con grande successo ai fascisti tedeschi, fungendo da modello per tutta l'Europa fino ad oggi. I musicisti del "Front National des Musiciens" (con Roger Désormière, Elsa Barraine, Louis Durey ed altri) hanno svolto un ruolo importante all’interno della resistenza. È proprio da lì che Stéphane Hessel trae i suoi appelli politici vivi anche per i giovani europei di oggi: “Indignatevi!” Ma c'è anche un secondo punto di riferimento, il 4° uomo, che potrebbe passare facilmente inosservato accanto ai nostri tre compositori (“un héro peut en cacher un autre”). Stiamo parlando del flautista e professore al Conservatorio Nazionale di Parigi, rue de Madrid, negli anni 1941-69 - Gaston CRUNELLE (1898 Douai-1990), che potrebbe anche essere chiamato "ambasciatore delle Gauloises"(sic!).... LINK, e tutti e tre i nostri brani attuali furono dedicati proprio a lui negli anni 1943, 1944 e 1946; successivamente gli fu dedicato anche il celebre "Merle noir" di Olivier Messiaen (1952). Crunelle presumibilmente chiese personalmente la commissione ai compositori, ricevendone la dedica, ma lasciando che fosse il Conservatorio a pagarne il conto… Nel 1946, la Sonatina per flauto di Pierre SANCAN fu un'opera di pace e risveglio. Grazie alle truppe alleate, in Francia, Italia, Germania e in tutta Europa, si poteva respirare di nuovo liberamente. Con vento fresco nelle vele. Quest'opera che ci porta una ventata d'aria fresca fu scritta nell’immediato dopoguerra, quando il 30enne Sancan poté finalmente recarsi a Roma, come premio della sua vittoria al celebre concorso del Prix de Rome nel 1943, in piena guerra, con la sua cantata "La Légende d'Icare" . Pierre SANCAN (1916-2008) era della Francia meridionale mediterranea, originario della regione occitana tra Tolosa e Montpellier. Non era per lui troppo lontano il Marocco, dove il giovane musicista si è connesso con l'atleta che era in lui: ha infatti giocato nella nazionale marocchina di pallacanestro. La sua vasta formazione musicale - prima a Tolosa, poi a Parigi - riempì la sua giovinezza negli anni '30. Oltre alla composizione, ha seguito corsi di direzione d'orchestra con Roger Désormière e Charles Münch, diventando assistente di quest'ultimo. Sancan, che fu anche un grande improvvisatore, fu fortemente influenzato dal grande pianista Yves NAT. Nel 1956, all'età di 40 anni, Pierre Sancan lo seguirà come insegnante al CNSMP. Lì ha formato pianisti famosi come Jean-Philippe Collard, Emile Naoumoff, Michel Beroff, Pascal Dumay e Philippe Manoury fino al 1985. Conosciamo una testimonianza diretta del suo tipo di insegnamento LINK L'opera dell'Occitano è molto ampia, nella quale le composizioni più conosciute sono forse il suo Concerto per pianoforte e la Sonatina per flauto del 1946, un'opera chiave per la nuova generazione di eccellenti flautisti francesi del dopoguerra. Henri DUTILLEUX (1916 Angers-2013) è nato sulla Loira e ha fatto i suoi primi studi a Douai, nel nord della Francia, e dopo a Parigi. Coetaneo di Pierre Sancan, entrambi hanno frequentato insieme il corso di composizione di Henri Busser nella rue de Madrid. Anche Dutilleux vinse il Prix de Rome appena prima della guerra, ma rimase solo brevemente a Roma perché fu arruolato come soldato nell'agosto del 1939. Nel 1942 dirigeva il coro dell'Opera di Parigi. Nel 1943 dedicò la sua Sonatina per flauto a Gaston CRUNELLE. Dal 1945 al 1963 Dutilleux è stato il capo produttore di Radio France e dal 1961 al 1971 professore al Conservatorio di Parigi. Occupa un posto speciale e solitario tra Messiaen e Boulez. Morto nel 2013 - quattro anni dopo la moglie, la pianista Geneviève Joy (1919-2009) - a Dutilleux è stato negato un tributo pubblico e due anni dopo una polemica ha chiarito perché, quando il nome di Dutilleux è finito sui titoli della stampa parigina. Christophe Girard, sindaco del 4° arrondissement e già responsabile della cultura della Città di Parigi, e l'assessore Karen Taïeb (entrambi del Parti Socialiste) consideravano Dutilleux un feroce collaboratore del regime di Vichy, paragonandolo persino allo scrittore Céline. Indizio sufficiente per la commissione di storici della città è stata la sua partecipazione a "Forces sur le stade", un film di propaganda del 1942 realizzato dal regime di Vichy per l'allenamento fisico dei giovani. Un pensiero corre a Leni Riefenstahl; il ministro della Cultura Jack Lang ha espresso il suo "sgomento per questo misto di ignoranza e arroganza morale". Nel 1942 Dutilleux fu membro del "FRONT NATIONAL DES MUSICIENS" insieme a Francis Poulenc, Louis Durey, Georges Auric, Elsa Barraine, Manuel Rosenthal, Roland-Manuel e Charles Munch. Una petizione di musicisti come Régis Campo (dell'Académie Française) chiese che un viale venisse intitolato a Henri Dutilleux. Per il momento, solo una targa commemorativa non autorizzata è stata affissa al muro della casa dove il compositore ha abitato sull'Île Saint-Louis. Probabilmente Girard non ha incaricato la polizia di rimuovere la targa. André JOLIVET (1905–1974) è stato un uomo e un compositore indipendente. Suo padre era un pittore, sua madre una pianista. Il giovane André ha studiato pianoforte e violoncello ma non ha mai dato concerti. Era molto attratto dagli impressionisti Debussy, Dukas, Ravel, da Pasdeloup e dai concerti parigini di Schoenberg del 1927 (quando aveva 22 anni) della Société Musicale Indépendante, che lo introdussero alla musica atonale. Di questi meravigliosi contatti e visite reciproche di compositori viennesi e parigini, racconteremo anche in seguito. Jolivet ha studiato privatamente con un altro compositore, il bretone Paul Le Flem. La sua esperienza con Schoenberg ebbe dunque un seguito quando Le Flem lo presentò a Edgar Varèse nel 1928. Nella sua evoluzione troviamo tre fasi: I. Fino al 1940: la sperimentazione e l'espressione dell'incantesimo, su base delle scale modali CHANT DE LINOS è di questo terzo periodo, equilibrato nell'esperimento e nella tradizione e strutturato in quattro sezioni A-D di lutto e danze. Jolivet scrive in testa alla partitura: “Per inciso, con questo pezzo Jean-Pierre Rampal ha vinto il concorso del Conservatorio di Parigi”. Che la nostra versione per flauto e pianoforte sia altamente condensata diventa evidente guardando la 2° versione, trascritta da Jolivet per flauto, violino, viola, violoncello e arpa e eseguita lo stesso anno. Nella mitologia greca, LINOS era l'insegnante di musica di Orfeo ed Eracle. “Sin da ragazzo sono stato attratto dalla musica di Olivier Messiaen; "musicista e ornitologo" come ho trovato in alcune voci enciclopediche. Così, partendo dai suoi lavori meno complessi, sono approdato al ’Catalogue d'oiseaux' e guardarsi intorno è stata la fase successiva. Senza sorpresa ho raccolto decine di pezzi ispirati al canto degli uccelli di tutte le epoche storiche; dai pezzi clavicembalisti alla contemporaneità. Posso affermare con certezza che è uno dei temi che ha attraversato con costanza la storia della musica; significati simbolici e tematici, melodici e ritmici sono alcuni degli elementi che hanno caratterizzato la ricerca dei compositori che, come Messiaen, hanno considerato i suoni della natura come ‘l'unica autentica musica’". FAUSTO BONGELLI ROSARIO BALISTRERI Molti compositori erano infatuati del canto degli uccelli, in particolare quello dei merli. Ma uno ne era particolarmente pazzo - il berlinese Heinz TIESSEN. I maschi anche del merlo cantano per due motivi: Il canto guidato dal testosterone è forse così intrigante per noi a causa della sua connessione alla sfera sessuale? Tiessen (il maestro di Sergiu Celibidache, Josef Tal e Wladimir Vogel) definì l'usignolo un "cantante" e il merlo un "compositore", perchè canta strofe per cinque mesi all'anno ogni giorno fin dall'alba, le esercita tutta la giornata per arrivare infine di sera alla dimostrazione finale. Ispirato da un merlo nel grande ospedale di Berlino Est, anche Bertolt BRECHT (1898-1956) scrisse una volta in una delle sue ultime poesie - “Quando nella bianca stanza d'ospedale della Charité” (1956) - sulla caducità della natura umana e sulla paura della morte che spesso l'accompagna - Lettere tra CAMILLE CLAUDEL e AUGUSTE RODIN Con proiezione di immagini dal Museo Rodin di Parigi. Lettere di Camille a Auguste, e alcune risposte. Scabre, a volte, infuocate, altre. Verrà eseguito il capolavoro monumentale di César Franck per violino e pianoforte, la Sonata in la maggiore, che con l’evocazione visiva di una visita al Museo Rodin di Parigi, una serie di immagini delle oprere di Auguste e Camille, ci restituisce la dimensione piu bella, quella delle loro meravigliose sculture.
Auguste RODIN (1840-1917) - l’artista che rivoluzionò la scultura, scomparve nel 1917, negli anni della Grande Guerra, ma stasera vogliamo centrare la nostra attenzione sulla figura della sua celebre allieva-collega-amante Camille Claudel e sulla sua triste e tragica storia. Il suo stato mentale peggiorerà in modo sempre piú importante a partire dal 1905, per giungere, nel 1913, a un internamento che sarebbe durato fino a la sua morte, nel 1942. Ipotizziamo che lo scompenso di Camille sia dovuto oltre che alla rottura con Rodin anche a quella, più segreta, più insidiosa, anche più inconfessabile, con suo fratello. Uomo molto infedele in amore, Rodin, già impegnato, inizia parallelamente alla relazione con Camille anche un’altra relazione con un'altra donna, che presto risulta di lui incinta, dopo il fallimento di Camille nel suo desiderio di avere un figlio con lui. Potrebbe essere stato poi il sopraggiunto annuncio della gravidanza anche della cognata a spingere Camille, dall'estate del 1906, a distruggere tutte le sue opere e affidarle a un carrettiere per fargli seppellire questi detriti come fossero resti umani? (Silke Schauder, SUBLIMATION ET RÉSILIENCE : PAUL ET CAMILLE CLAUDEL, 2000, p. 447) In una lettera che scrive a Rodin – che ha 24 anni più di lei - nel 1886, Camille esprime giustamente la presenza tossica di una assenza, mai trasformata nè elaborata in perdita: “C'è sempre qualcosa di assente che mi tormenta”.... Camille CLAUDEL (1864-1943) lavorerà dal 1894 al 1899 alla scultura ''Âge mûr” / L’Età matura. Durante tutti quegli anni, correlati ai diversi tempi di separazione, estremamente difficile e insidioso, da Rodin, offrirà versioni successive del soggetto, compone sottogruppi, sperimenta diverse disposizioni spaziali che sono specchio dell’altrettanto progressiva consapevolezza di questa rottura, che resta per lei inaccettabile. Successivamente, Rodin si opporrà all’esposizione, in piazza, di quello che lui riconosce come il suo dramma privato: i capricci delle esposizioni successive del gruppo e la non attribuzione di un contratto ministeriale, per poter infine realizzare in marmo il gruppo scultoreo, parteciperanno senza dubbio all'innesco del delirio di persecuzione di cui Camille sarà d’ora in poi preda. César Franck (1822-1890) il compositore di Liegi e leggendario organista della chiesa di Sainte-Clotilde a Parigi, ha avuto a Parigi una carriera simile a quella del suo contemporaneo Bruckner, di due anni più giovane di lui, a Vienna. Fino alla fine del Secondo Impero nel 1871 era conosciuto solo come organista e musicista di chiesa. I suoi studenti lo chiamavano con riverenza "Père Franck" e lo ammiravano come l'innovatore della scuola d'organo francese - come interprete dei magnifici strumenti di Cavaillé-Coll e come professore al Conservatorio di Parigi. Il fatto che avesse scritto anche opere sinfoniche e corali divenne chiaro solo quando, nel 1871, la sua egloga biblica "Ruth" ebbe la sua prima tardiva. Da quel momento in poi, i francesi non hanno più trattenuto il loro apprezzamento per il compositore Franck. Nel 1873 ricevette la cittadinanza francese, nel 1885 fu ammesso alla Legion d'Onore e nel 1886 fu eletto Presidente della Société Nationale de Musique. Questa società, fondata nel 1871 da Camille Saint-Saëns e Franck, si è dedicata alla promozione di quella che allora era la musica della Nuova Francia, in particolare la musica da camera. Franck vi si unì nell'anno della sua fondazione e vi trovò un forum per le sue tre grandi opere di musica da camera, pionieristiche nella forma e nell'espressione: il Quintetto per pianoforte in fa minore (1879), la Sonata per violino in la maggiore op.120 (1886) e il Quartetto d'archi in re maggiore (1889). Composta nell'estate del 1886, la sonata segue l'idea di un tema ricorrente che attraversa tutti i movimenti – come giá in Liszt, ma meno severamente che nel Quintetto per pianoforte dello stesso Franck. In tutta la sonata per violino e pianoforte ci sono solo delicati rimandi al tema principale. Tutti ruotano attorno al motivo di terze discendenti. Il primo movimento sembra un preludio al secondo movimento (Allegro in re minore), che si dispiega in un movimento appassionato. L'assorbimento sognante del 3° movimento va da un 'Recitativo' ad una 'Fantasia' quasi cantata, che ricordano entrambi le opere di Bach per violino solo. Il movimento finale risplende in un chiaro maggiore, con reminiscenze dal 2° movimento. La sonata è dedicata al violinista Eugène Ysaye per il suo matrimonio con la cantante Louise Bourdeau. La suonò per la prima volta a Bruxelles nel dicembre 1886 e presto fece conoscere in tutto il mondo questa importantissima sonata per violino della fin de siècle francese. Marcel Proust era molto affascinato da questo "pensiero che sorge dalle onde sonore". Molti ravvisano in questa Sonata di Franck quella che nella Recherche è la Sonata di Vinteuil con la "petite phrase" che tanta importanza ha per la narrazione proustiana. Lo scultore a cui non piacevano gli uomini belli. Rodin amava le donne. Come è noto, la statua a grandezza naturale dello scrittore Honoré de Balzac realizzata da Auguste Rodin (1898) è stata finalmente eliminata nel punto in cui il Boulevard Raspail incontra il Boulevard du Montparnasse a Parigi, oggi poco visibile. Per Rodin, tuttavia, la figura grottesca con un ventre grasso, una veste da monaco e una testa che ricordava più l'uomo elefante che un uomo di penna civilizzato era qualcosa dell'ultima espressione di sé. "Il ragazzo ha finito per creare 2500 personaggi letterari. Devono essere usciti da qualche parte", ha giustificato il mostruoso pancione(!) della sua scultura (originariamente doveva mettersi in mostra nuda e a gambe divaricate con testicoli XXL....). https://ogy.de/9trh La FRANCIA è - dopo Théodore Gouvy, Camille Saint-Saëns e Claude Debussy incontrati nel concerto a due pianoforti del 2021 - di nuovo il focus del nostro programma con tre opere di compositori francesi e anche un tedesco degli anni 1885, 1898/99 e 1919/1946. Celebriamo così il 200° compleanno di César FRANCK e l'impegno del compositore tedesco Walter BRAUNFELS nella ricostruzione dell'amicizia franco-tedesca nonostante e soprattutto dopo la prima guerra mondiale, e di nuovo dopo la seconda guerra mondiale. Le opere di César Franck e Claude Debussy sono legate anche alla stretta collaborazione tra compositori e grandi solisti del loro tempo: il pianista Louis DIÉMER (Parigi 1843 - 1919) con César Franck e il virtuoso del violino (e lui stesso compositore) Eugène YSAŸE (1858 Liegi - 1931 Bruxelles) con Claude Debussy. Infine, i NOCTURNES di Claude DEBUSSY fanno riferimento anche al nostro ultimo doppio appuntamento in programma a fine ottobre sul filosofo e musicologo franco-russo Vladimir JANKÉLÉVITCH (Bourges 1903 - Parigi 1985), per il quale la musica legata alla NOTTE, quindi i NOTTURNI avevano un significato speciale. CLAUDE DEBUSSY (1862-1918) ha scritto tre grandi opere orchestrali Una traccia dei "Nocturnes" risale al 1893, quando il quartetto d'archi di Debussy fu eseguito per la prima volta da Eugène YSAŸE (1858 Liegi – 1931 Bruxelles). Un anno dopo Debussy fa venire l'acquolina in bocca a Ysaÿe promettendogli un'opera per violino solo e orchestra. Quando i "Nocturnes" furono terminati, tuttavia, non c'era traccia di un violino solista. Ysaÿe, che nel frattempo aveva iniziato a fare anche il direttore d'orchestra, a quel punto voleva almeno dirigerli lui stesso... Ma non era lui. Difficilmente troviamo un'opera orchestrale di Debussy che n o n sia ispirata da elementi extra-musicali. Il titolo di Debussy "NOCTURNES" risale al pittore americano James Abbot McNeill WHISTLER (1834 Massachusetts - 1903 Londra), che per i suoi tableaux si era ispirato ai Notturni musicali. Tutta una serie di Notturni (quadri) è nata in questo modo, e la domanda è quali di essi abbiano ispirato Debussy, che si era recato a Londra nel 1903 per vedere una mostra di Whistler. James Abbot McNeill Whistler: Nocturne: Blue and Silver ca.1871-1872 Whistler, Nocturne in Blue and Gold Old Battersea Bridge Con scelta rivoluzionaria nella storia della musica, Debussy intendeva il 1° movimento - NUAGES - solo per archi; il 2° movimento - FÊTES - per strumenti a fiato e il terzo - SIRÈNES - per l'intera orchestra e coro femminile muto. La domanda è se questo possa ancora essere percepito nell'arrangiamento di Maurice RAVEL per 2 pianoforti del 1909 che ascolteremo nel nostro concerto...Debussy ha dedicato molto tempo al 3° movimento - alla fine è stato eseguito solo più tardi perché non era disponibile un coro femminile. Whistler, Nocturne_The Solent Debussy ha preceduto i movimenti con commenti: I "Nuages" rende l'immutabile aspetto del cielo e il lento e solenne movimento delle nuvole, sfumando in toni di grigio leggermente sfumati di bianco. — Debussy II "Fêtes" rende il ritmo vibrante e danzante dell'atmosfera con improvvisi lampi di luce. C'è anche l'episodio della processione (una abbagliante visione fantastica), che attraversa la scena festosa e vi si confonde. Ma lo sfondo rimane in modo resistente lo stesso: la festa con la sua fusione di musica e polvere luminosa che partecipa al ritmo cosmico. — Debussy III "Sirènes" raffigura il mare ei suoi infiniti ritmi e ora, tra le onde argentate dal chiaro di luna, si sente il canto misterioso delle Sirene che ridono e passano oltre. — Debussy WALTER BRAUNFELS (Francoforte sul Meno 1882 - Colonia 1954) è stato un compositore e pianista, e anche fondatore-direttore della Musikhochschule di Colonia dal 1925 al 1933 e dal 1945 al 1950, ad eccezione cioè del periodo del nazionalsocialismo. All'età di 13 anni fu ammesso al Hoch'sche Konservatorium di Francoforte, quando Clara Schumann era ancora in vita ed era sua pensionata. Nonostante ciò, Braunfels dapprincipio studiò economia, ma poi decise a favore della musica. La Grande Guerra (arruolamento nel 1915, schieramento al fronte in Francia, infortunio) fu una svolta nella sua vita non solo dal punto di vista musicale. Traumatizzato dalle esperienze al fronte e grato di essere sopravvissuto all'inferno, il protestante Braunfels si convertì al cattolicesimo, che divenne la sua sicurezza etica ed estetica e fu importante quanto lo fu per Anton Bruckner e Olivier Messiaen. Braunfels ammette: "Per nature così disuguali come me, solo la più alta decisione volontaria su un punto aiuta, e questo esiste solo nel monachesimo". La formazione di visioni religiose e miracoli che possono essere spiegati solo con la fede, tuttavia, lo ha portato a effetti sonori fantastici, spesso esagerati in modo corale (Albrecht Dümling). Giganteschi sono il suo Te Deum op.32 (1920-21), che riporta alla mente Gustav Mahler, e la sua Grande Messa op.37 (1923-26) . Anche le sue Canzoni orchestrali sono meravigliose 1925, il sindaco Konrad Adenauer nominò Braunfels fondatore-direttore della Musikhochschule di Colonia. Nel 1933 Braunfels, che era mezzo ebreo, fu rilasciato, e si ritirò sul Lago di Costanza vicino al confine svizzero in "Innere Emigration / Emigrazione interna", mise in musica versi di Paul Claudel, Grillparzer e gli atti processuali per un'opera dedicata a „Giovanna D'Arco - Scene della vita di Santa Giovanna“. Dopo le Variazioni sinfoniche su una vecchia canzone infantile francese per orchestra, opus 15 del 1908/09, le variazioni del nostro programma di stasera, Variazioni su un'antica canzone francese opus 46 furono scritte nel 1919 per 2 pianoforti ma furono pubblicate nel 1946, revisionate dopo la seconda guerra mondiale. CÉSAR FRANK (1822 Liegi – 1890 Parigi) - il nostro giubileo - si ispirò a Victor Hugo per la sua opera concertante "Les Djinns" (I fantasmi) (1885) per pianoforte e orchestra, e il successo della prima nel marzo 1885 fu in gran parte dovuto al solista Louis DIÉMER (1843 -1919). Franck volle ringraziarlo, e nello stesso anno scrisse per lui le "Variations symphoniques" (1885), che - nuove - si basano su due temi contrastanti. Questi hanno ispirato lo studente di Franck Vincent d'Indy alla sua "Symphonie sur un chant montagnard français" (1886) e Ferruccio Busoni al suo monumentale Concerto per pianoforte con coro maschile finale (1904).La fama postuma di Franck (oltre ad altri capolavori pianistici e cameristici, come la Sonata per violino e pianoforte che abbiamo presentato nel nostro terzo concerto di quest'anno) nell'ambito delle composizioni sinfoniche si basa essenzialmente su queste variazioni, in cui pianoforte e orchestra sono sullo stesso piano e in dialogo paritario, e sulla successiva, unica, Sinfonia in re minore (1886-88). BENNO SCHNATZ Auguste Rodin, busta di César Franck, Cimetière Montparnasse-Paris (1890) Il campo di THERESIENSTADT è stato attivo dal 1941 al 1945, progettato dai nazisti come campo di transito verso il campo di sterminio di Auschwitz, camuffato con l'etichetta "ghetto", per simulare una permanenza più lunga. La vita musicale che gli stessi ebrei hanno costruito a Theresienstadt, e le attività musicali per e con i bambini, come l'opera "Brundibar" del compositore ceco Hans KRASA, sono state da noi presentate in un concerto e una lezione pubblica presso il Conservatorio "Luisa D'Annunzio" di Pescara nel 201, e il BRUNDIBAR è stato messo in scena anche a Pescara varie volte a cura del Conservatorio. Uno dei grandi compositori del campo di Theresienstadt fu Viktor ULLMANN (1898-1944 Auschwitz), studente di Schoenberg, e antroposofo. Il suo alto ethos artistico è rimasto intatto anche nelle condizioni di reclusione. "Ho scritto parecchia nuova musica a Theresienstadt", dice in una lettera. "Va sottolineato che non ci siamo affatto seduti a lamentarci lungo i fiumi di Babilonia e che la nostra volontà di cultura era pari alla nostra volontà di vivere". Nel 1990 la Wiener Kammeroper ha prodotto l'opera "Der Kaiser von Atlantis" / L'imperatore di Atlantide di Viktor Ullmann, diretta da George TABORI, creata a Theresienstadt nel 1943/44, e portata a Berlino, dove anche io ho potuto vederla e ascoltarla. La parabola parla del fatto che qualcuno deve morire prima che gli altri debbano ancora morire. In realtà, però, milioni di persone furono assassinate. Questa produzione è stata il preludio dell'associazione MUSICA REANIMATA www.musica-reanimata.de , che è stata poi fondata subito dopo a Berlino nel 1990. È stata scelta la forma del TALK CONCERT: ogni argomento specifico viene spiegato e introdotto con la musica relativa e, se possibile, vengono coinvolti testimoni contemporanei. Oggi sono arrivati al concerto n. 152 e al compositore rumeno-sovietico Philipp Herschkowitz (1906-1989 Vienna). Nel 2012 il Talk Concert n. 102 è stato dedicato all'italiano ALDO FINZI (Milano 1897 – Torino 1945; http://www.aldo-finzi.com), il “maestro della raffinatezza musicale”. Ma già nel 1990, quasi contemporaneamente, c'era interesse anche in Italia per questi compositori perseguitati. Il pianista Francesco LOTORO ha fondato a Barletta il suo ISTITUTO DI LETTERATURA MUSICALE CONCENTRAZIONARIA https://www.fondazioneilmc.it Nel 1996 è stata fondata ad Amsterdam, la città di Anna Frank, la LEO SMIT FOUNDATION https://leosmitfoundation.org che vogliamo presentare con questo concerto. In Olanda, al momento dell'occupazione nazista del 1940, c'erano 34 compositori perseguitati, tra cui le 5 donne Rosy Wertheim, Bordewijk-Roepman, le amanti Frieda Belinfante e Henriette Bosmans e la più giovane, Marjo Tal, nata nel 1915. 19 compositori furono deportati, e solo sei di loro sopravvissero agli orrori dei campi di concentramento. Tra i 13 compositori olandesi assassinati ci sono i nostri 3 compositori Leo SMIT, Dick KATTENBURG e Mischa HILLESUM. Due donne giocano qui un ruolo speciale. Mischa Hillesum era lì con sua sorella maggiore ETTY HILLESUM (1914-1943 Auschwitz), che aveva sei anni più di lui. Kattenburg e Hillesum, i due giovani, erano legati tra loro da un'insegnante di musica e amica intima per entrambi: Mien Kuyper-Canté (1898-1954). Il nostro compositore più anziano oggi è anche il dedicatario dell'istituto di ricerca olandese in questo campo, la Leo Smit Foundation, fondata nel 1996: LEO SMIT (1900-1943), contemporaneo di Kurt Weill, nacque in una famiglia ebrea laica. I nomi non di tradizione ebraica di Leopold e di sua sorella Eleonore Josephine indicano che non si seguiva la tradizione. Il talentuoso Leo completò gli esami di composizione "cum laude" nel 1924 con l'importante insegnante ebreo di composizione Sem DRESDEN (1881-1957), perseguitato anche lui. Smit fu subito attratto dalle partiture orchestrali e presto divenne lui stesso insegnante di armonia e analisi. Nel 1928, quando uscì "An American in Paris" di Gershwin, Leo, figlio di un commerciante di scarpe, era già sulla Senna, e tornò a casa, passando per Bruxelles, solo dopo 10 anni. È entrato con entusiasmo nel nuovo mondo del cinema e ha scritto della musica da film, e da buon improvvisatore gli piaceva anche suonare nei locali notturni, fino a viaggiare attraverso il Nord Africa per spettacoli musicali con alcuni ballerini. Nel 1933 Leo sposò la sua Lientje. Si fece presto un nome nel 1936 con la musica di "Jonge Harten" (Young Hearts). Con la sua bitonalità e i suoi interessi per il jazz, Leo Smit era in buona compagnia, sì, nella migliore compagnia dell'epoca, insieme a Darius Milhaud ed Erwin Schulhoff. Ravel, Debussy e Gershwin erano i suoi eroi orchestrali e modelli per la sua musica spesso leggera, euforica e a volte vivace. Tuttavia, solo quattro delle sue opere furono stampate durante la sua vita. Tra i suoi numerosi concerti e composizioni cameristiche, spiccano alcuni lavori scritti per l'arpa, lo strumento che sua sorella suonava. Dal 1935 in poi, il regime nazista in Germania ha messo in ombra le composizioni di Leo Smit. Dal 1940, dopo l'occupazione dell'Olanda, scrisse pochissimo. Nel 1938, alla morte della madre, compose un'ambientazione della "Morte" di Baudelaire https://youtu.be/twAcK1evVPY e, dopo il suo concerto per viola e orchestra d'archi (1940) e un concerto per violoncello (1941-42), anche la sonata per flauto del 1943. Con saggia lungimiranza, Smit diede i suoi numerosi manoscritti ai suoi due studenti Zuiderweg e Ruyneman, prima di essere deportato a Westerborg con la moglie Lientje nel marzo 1943. La coppia è stata uccisa a Sobibor. I manoscritti sono sopravvissuti con solo i loro nomi ritagliati. La sorella di Leo Smit, Eleonore, l'arpista, era ancora viva nel 1995, quando ci fu un primo concerto ad Amsterdam con musiche di compositori ebrei incluse opere di Leo. L'anno successivo, la sorella e l'allora flautista Eleonore Pameijer fondarono la Leo Smit Foundation per commemorarlo. Da allora, questo è stato uno dei maggiori centri di ricerca per la musica reanimata, insieme agli istituti di Seattle, Berlino, Rostock, Vienna e della città italiana di Barletta. 1998 Music of Remembrance (Seattle) https://www.musicofremembrance.org - https://ogy.de/1k55 2006-2016 Exilarte https://exilarte.org (Vienna II) 1996-2006 Orpheus Trust https://www.orpheusnews.at (Vienna I) 1996 Leo Smit Foundation (Amsterdam) https://leosmitfoundation.org 1990 Francesco Lotoro (Barletta; CD 1-24 KZ-Musik I/2012-X/2008) https://youtu.be/zSsO2i2O1Z4 1990 Musica Reanimata (Berlino) https://musica-reanimata.de/ Come suo fratello Jaap in seguito, che arrivò ad Auschwitz da solo, Mischa riuscì a lavorare e fu mandato ai lavori forzati. Mischa, il più giovane, come pianista il "bambino prodigio dal viso d'angelo", morì all'età di 23 anni nell'inverno 1943/44 nel ghetto di Varsavia, dove fu costretto a fare lavori di smaltimento delle macerie e di bonifica. Jan Willem Regenhard ha intitolato il suo studio del 2012 "Il pianoforte di Mischa e la caduta della famiglia Hillesum". Jacob "Jaap" Hillesum, 28 anni, il figlio di mezzo, fu portato da Auschwitz a Bergen-Belsen nel febbraio 1944 quando c'era anche la quindicenne Anne Frank. Quando Bergen-Belsen fu evacuato di fronte all'avanzata dell'esercito sovietico, lo studente di medicina venne messo su una tradotta ferroviaria, viaggio al quale non sopravvisse. A causa di questo trasporto ferroviario, è l'unico della famiglia ad avere una tomba a Schipkau nel Brandeburgo, a nord di Dresda. Mischa Hillesum, 12enne, si trasferì ad Amsterdam (insieme alla sorella maggiore Etty di 18 anni) per sviluppare il suo talento con il pianista George van Renesse (1909-1994). Mischa era in condizioni di salute mentale instabile, forse come "delegato" nel sistema familiare: si definiva psicotico e, come suo fratello Jaap, ha avuto diversi ricoveri in ospedali psichiatrici ebrei, dove hanno persino procurato un pianoforte appositamente per lui. Chiunque volesse solo parlare di mode, pensa facilmente a un Glenn Gould, con il quale Mischa condivideva la preferenza per le panche da pianoforte molto basse. https://youtu.be/8E6wlPJXxIA / https://youtu.be/xDzWRRdKGvE Questo ha portato alla revoca del divieto di trasporto per l'intera famiglia. Sulla scia di Mengelberg, la madre Riva Hillesum si rivolse fatalmente al capo delle SS Rauter, ma questo era esattamente ciò che era proibito agli ebrei. Ha chiesto privilegi per suo figlio Mischa, dopodiché l'uomo delle SS Reuter ha organizzato la sua immediata deportazione. Non esisteva una "lista data da Dio" / Gottbegnadetenliste nei paesi occupati, come in Germania con Furtwängler, che avrebbe potuto salvare Mischa Hillesum. ETTY HILLESUM (1914 - 1943) rifiutò di salvarsi, seguendo il destino del suo popolo Esther Hillesum (questo il suo vero nome) nacque il 15 gennaio 1914 a Middelburg, in Olanda, da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica. Viveva ad Amsterdam. Il padre, Levie (Louis) Hillesum – un uomo basso, silenzioso, schivo ma ricco di umorismo -, era un insegnante di Lingue classiche, mentre la madre, Riva (Rebecca) Bernstein, era nata a Potsjeb, in Russia, da dove era fuggita in seguito ai pogrom. Viene descritta come una donna impegnata, caotica, estroversa e dal carattere dominante. Oltre a Etty, Riva ebbe altri due figli, Yaap e Micha. In casa si respirava un’atmosfera laica e ricca di stimoli. L’ebraismo era presente di sottofondo come sentimento di appartenenza, di fatto gli Hillesum erano fortemente integrati. Il padre lavorava anche di sabato, ma alcuni studiosi ricordano che ebbe una rigida educazione religiosa indirizzata verso il rabbinato; e che la moglie nacque in quell’Europa orientale dove la modernità stentava ancora a farsi largo. L’educazione dei figli era comunque improntata sulla cultura, lo studio e le buone letture, dove l’ebraicità si manifestava probabilmente in quella che può essere definita una “comune appartenenza etica”, una sorta di “inconscio comune collettivo”. Un tema, quello della religiosità di Etty, ancora oggi oggetto di dibattiti più o meno accesi tra teologi e rabbini. Etty frequentò il Ginnasio di Deventer, dove il padre lavorava come vicepreside. A scuola seguì anche corsi di ebraico e per un certo periodo frequentò le riunioni di un gruppo di giovani sionisti. In seguito, si laureò in Giurisprudenza. Il fratello maggiore, Yaap, studiò Medicina. Intelligentissimo e affascinante, era psichicamente labile, tanto che fu ricoverato diverse volte in istituti psichiatrici. Lo stesso Micha, dotato di uno straordinario talento musicale, fu sottoposto a trattamenti per schizofrenici che segnarono per sempre la sua vita. Un tempo la mia pittoresca famiglia mi costava, ogni notte, almeno un litro di lacrime disperate – annotava Etty sul suo diario -. Ancor oggi non so spiegarmi quelle lacrime; arrivano da chissà dove, da un oscuro soggetto collettivo. Adesso non sono più così prodiga con questo prezioso liquido, ma comunque sia non è facile vivere qui». Con la madre Etty ebbe un rapporto conflittuale, anche se pare che la situazione fosse migliorata durante la permanenza nel campo di Westerbork. «Molto è cambiato nella mia relazione interiore con i miei genitori, molti legami stretti si sono rotti, e con questo si sono liberate molte energie per amarli davvero». Anche il cibo era un problema, a tratti una vera e propria ossessione che le procurava occasionali malesseri psicosomatici: «Ho rinunciato al bicchiere di cioccolata che mi concedevo sempre […]. Dobbiamo imparare ad affrancarci sempre più dalle necessità fisiche, dobbiamo abituare il nostro corpo a chiederci solo l’indispensabile, soprattutto per quanto riguarda il cibo, perché stiamo andando verso tempi difficili: anzi, ci siamo già». Sensibile, luminosa, vitalissima, curiosa, empatica, introspettiva, affamata di conoscenza e di amore verso l’Altro, verso ciò che è esterno da sé, Etty aveva una personalità sfaccettata con una straordinaria (e complessa) vita interiore («Devo disciplinare tutto questo caos»). Studiò lingue slave, letteratura russa, diede lezioni private, si appassionò alla chirologia e non ultima la scrittura: voleva diventare scrittrice, a tutti i costi. Scrivere per lei era terapia, forma e gesto creativo cui si applicò con dedizione e zelo. Ma fu l’incontro con Julius Spier, fondatore della psicochirologia (aveva fatto a Zurigo il training analitico con Carl Gustav Jung), a contribuire al suo sviluppo spirituale e umano. Spier la guidò nella conoscenza e Etty si lasciò guidare. Si immerse nell’amatissimo Rilke, lesse Dostoevskij, Jung, ma anche Sant’Agostino e il Vecchio e il Nuovo Testamento. Etty aveva già una relazione con il contabile Han Wegerif, un vedovo che l’aveva impiegata nella gestione domestica: «Han ha una vita semplice e buona, e le prospettive materiali e incerte del futuro lo preoccupano più di quelle interiori – scriveva – . Ma poi mi appare tanto fragile e delicato, e io mi preoccupo, provo un senso di profonda compassione protettiva nei suoi confronti […] L’ho assorbito nella mia vita, lui ne è diventato la parte essenziale che non può più essere cancellata, senza far vacillare l’intero edificio». La liaison con Han non le impedì tuttavia di intrecciare una relazione profonda – e inizialmente ambigua – con Spier, anche lui ebreo e molto più anziano di lei, indicato nel diario quasi sempre come “S.”. Etty si recò da lui quale «oggetto di analisi» e rimase così colpita dalla sua personalità da decidere di entrare in terapia con lui. Il passaggio da paziente ad assistente ad amica intima e complice fu breve. I due – pur essendo profondamente legati – mantennero un certo distacco essendo entrambi impegnati e soprattutto determinati a non volere far soffrire i propri partner. Etty annotò nel diario il testo di una lettera: «Sa, quando ieri – come una scema – non riuscivo a far altro che guardarla, si è poi prodotto in me un tale sconquasso di pensieri e sentimenti contrastanti, che mi sentivo annichilita e mi sarei messa a urlare, se non avessi mantenuto il minimo controllo. Erano forti sentimenti erotici verso di lei, che io credevo di aver superato dentro di me, e al tempo stesso una forte avversione nei suoi confronti, e d’un tratto ci fu anche uno sconfinato senso di solitudine, la percezione che la vita è così terribilmente difficile». Intanto il tempo scorreva e per gli ebrei olandesi la realtà cambiava ogni giorno. In peggio. I tedeschi cominciarono i rastrellamenti. Gli arresti, il terrore, i campi di concentramento, i sequestri di padri, sorelle e fratelli si intensificarono. Nei suoi quaderni Etty si interrogava sul senso della vita, si domandava se avesse ancora un senso. Ma per questo bisognava vedersela esclusivamente con se stessi. E con Dio. Già, con Dio, un Dio universale, presenza costante in ogni momento della vita di questa giovane donna ebrea e poco osservante, ma profondamente attratta dal Divino che c’è in ognuno di noi. Forse ogni vita ha il proprio senso, rifletteva, forse ci vuole una vita intera per riuscire a trovarlo. «È un inizio, ma quell’inizio c’è, lo so per certo. Significa raccogliere tutte le possibili forze e vivere la propria vita con Dio e in Dio e avere Dio in se stessi». Grazie ad alcuni conoscenti, Etty riuscì a trovare un lavoro di impiegata presso il Consiglio Ebraico. Questo le evitò l’internamento a Westerbork, ma a lei non importava nulla. Quanto più il cerchio si stringeva, tanto più si rafforzava la sua anima. Non pensò mai a salvarsi. Rifiutò sempre le offerte di alloggi per nascondersi. Voleva stare con il suo popolo, con la sua gente, condividere un destino comune, in mezzo a coloro che si rifiutavano di pensare per paura di impazzire o per le privazioni subite. Voleva assistere gli internati nelle ore in cui dovevano prepararsi al trasporto. Era convinta che «un cuore pensante» dovesse sopravvivere al disastro, a qualunque costo. La sua era una resistenza esistenziale. «Mi si dice: una persona come te ha il dovere di mettersi in salvo, hai tanto da fare nella vita, hai ancora tanto da dare. Ma quel poco o molto che ho da dare lo posso dare comunque, che sia qui o in una piccola cerchia di amici, o altrove, in un campo di concentramento. E mi sembra una curiosa sopravvalutazione di se stessi, quella di ritenersi troppo preziosi per condividere con gli altri un “destino di massa”». Qualche settimana più tardi Etty si recò a Westerbork di sua spontanea volontà per aiutare i malati nelle baracche dell’ospedale. Vi ritornò più volte, fino a stabilirvisi definitivamente. Nonostante fosse perfettamente consapevole del dramma che si stava consumando, la sua voce diventò sempre più limpida e sicura e riuscì a mantenere lontano ogni sentimento di odio nei confronti dei carnefici: «Se un uomo delle SS dovesse prendermi a calci fino alla morte, io alzerei ancora gli occhi per guardarlo in viso, e mi chiederei, con un’espressione di sbalordimento misto a paura, e per puro interesse nei confronti dell’umanità: Mio Dio, ragazzo, che cosa mai ti è capitato nella vita di tanto terribile da spingerti a simili azioni?». Etty pensava che sarebbe bastato un solo tedesco “buono”, e quest’unico tedesco avrebbe meritato di essere difeso, perché grazie a lui non si avrebbe più avuto il diritto di riversare l’odio su un popolo intero e di prendersela con Dio. Etty aveva 27 anni quando iniziò a scrivere ad Amsterdam e 29 quando fu uccisa ad Auschwitz nel novembre 1943, dove persero la vita anche i genitori e un fratello. Prima della sua partenza per il campo di transito nazista di Westerbork, nel nord est dell’Olanda, Etty consegnò i diari all’amica Maria Tuinzing. Le chiese di portarli allo scrittore Klaas Smelik, nel caso in cui lei non avesse fatto ritorno, con la preghiera di curarne la pubblicazione. Giardini che onorano Etty Hillesum Bisceglie fonte: https://it.gariwo.net/giusti/shoah-e-nazismo/etty-hillesum-15620.html Dick KATTENBURG (1919-1944) proveniva da una famiglia di produttori tessili. Il suo strumento era il violino e in Hugo Godron trovò un insegnante di violino che allo stesso tempo gli aprì la strada della composizione. Dick è andato al conservatorio di Anversa, in Belgio, ma poi ha sostenuto un altro esame con Wilhelm Pijper. L'amore per la flautista Ima Spanjaard-van Esso (1920-2006) confluì nelle numerose opere per flauto del giovane tanto quanto le influenze del JAZZ dell'epoca. Kattenburg, assassinato all'età di 25 anni, è ancora oggi famoso a livello internazionale per il suo "Tap dance" del 1936 https://youtu.be/2AgNczaAjNg Per imparare il mestiere della strumentazione e dell'orchestrazione ha scelto di diventare uno studente di Leo SMIT. Già allora esisteva una forma di formazione a distanza (tanto familiare a noi per via del COVID). Entrambi i musicisti ebrei evitavano in quel momento il contatto diretto per le lezioni, comunicando per iscritto tramite corriere. Dick Kattenburg fu probabilmente scoperto durante un raid al cinema nel maggio 1944 e inviato al campo di Westerborg, poi ad Auschwitz. Lì la sua fidanzata, la flautista Ima Spanjaard-van Esso, è stata riconosciuta dopo il suo arrivo al campo da Alma Rosé, la direttrice dell'orchestra femminile. Successivamente, Ima suonò nell'orchestra femminile sotto la guida di Alma e ricordò la morte improvvisa di Alma il 5 aprile 1944 dopo un pasto a casa del sorvegliante del negozio di abbigliamento. Oggi è chiaro che Alma probabilmente morì di botulismo, cioè di intossicazione alimentare dopo un cibo in scatola avariato. Ima van Esso scrive nel 1945: "Dopo la morte, Alma fu adagiata con ghirlande e candele. Questo strano onore non è mai stato conferito a nessun altro nel campo, né lo è stato da allora." Alan RIDOUT in Ferdinand (1971) narra col suo accompagnamento di violino solista la celebre storia scritta da Munro Leaf. un toro pacifico, sua madre preoccupata e i suoi Compagni normalmente aggressivi; la musica del violino sembra dipingere gli occhi di calmo bue con lunghi passaggi legati, mentre in altri passaggi scorrevoli e percussivamente articolati fotografa il muggito, lo sbuffare e il calpestare della mandria. È una parabola sulla Guerra Civile Spagnola e un appello al pacifismo e alla resistenza non violenta. Il libricino People one ought to know è un meraviglioso documento di collaborazione artistica tra il giovanissimo alunno (Sylvain - disegni) e il suo giovane tutore (Christopher – testo), messo in musica in 1984. Alan Ridout (Londra 1934 - Caen 1996) è stato allievo di Gordon Jacob e Michael Tippett, tra gli altri, ma anche dell'olandese Henk Badings. Insegnò alla King's School di Canterbury, dove visse la maggior parte del tempo. Ha scritto musica sacra, orchestrale e da camera, ma soprattutto per bambini e per la Leicestershire Schools Symphony Orchestra (LSSO): Three Pictures of Picasso (1964) e nel 1965b la sua 2° Sinfonia, dedicata al 60° compleanno di Michael Tippett. Maurice RAVEL (Ciboure 1975 – Parigi 1937) sembrava alla poetessa Colette come uno »scoiattolo« con »belle mani di roditore«, sul collega Stravinsky come un »orologiaio svizzero«. I suoi amici d'infanzia, a loro volta, lo chiamavano »Rara Avis«, l'«uccello raro». Era davvero un personaggio strano. L'omino basso dalla testa grossa, amico dei bambini, degli animali, dei giocattoli e delle cianfrusaglie, nelle sue composizioni restava propenso verso il piccolo, infantilmente giocoso e fiabesco - ma con il senso dell'operaio di precisione: un tecnico del suono in un Paese delle meraviglie. Conservava un «carattere infantile» del tutto peculiare: «Il suo regno intellettuale», spiega Stuckenschmidt, «rimase un asilo nido differenziato e raffinato per tutta la vita.» Arredava la sua minuscola casa vicino a Parigi secondo il vero stile raveliano, personalissimo: con piccoli mobili, false porcellane cinesi, posacenere gotici e usignoli che cinguettano meccanicamente, tabacchiere e libricini, bambole e barche e un enorme calamaio di una cattedrale - un asilo nido pieno di oggetti kitsch economici e colorati. Un incidente stradale nel 1932 rafforzò die disturbi iniziati a partire dal 1927: afasia, alessia e agrafia dal. Fino alla sua morte nel 1937, in seguito ad un'operazione al cervello, ha perso lentamente la sua capacità di parlare e suonare il piano. Il neurologo francese François Boller lo ha descritto così: “Ha perso non la capacità di comporre musica, ha perso la capacità di esprimerla”. Sylvain Mangeot,12, il pittore, con Christopher Isherwood, 21, 1925-26 segretario e precettore dal padre, violonista André Mangeot e del International String Quartet a Londra. Nino ROTA occupa, nella storia della musica, una posizione ambivalente. Parallelamente a questo mondo di musica per le immagini, Rota crea un universo altrettanto prismatico destinato alle sale da concerto. Bambino prodigio lui stesso, compone a 8 anni una favola musicale (Preludio e fuga per pianoforte a 4 mani sulla “Storia del mago doppio”) , a 15 un’ opera comica per la quale si cimenta anche come librettista (Il Principe Porcaro, da una fiaba di Andersen) e molte altre opere ispirate – vista la sua giovane età – a fole e leggende. E sempre gli resteranno cari i temi dell’amore , del gioco, della favola, del circo e dei clown, tutti soggetti che immediatamente ci introducono nell’universo dell’Infanzia, quel supremo stadio della vita in cui tutto appare fascinoso e nel quale per ogni cosa si avverte un’attrazione irresistibile e senza malizia, nell’unica certezza di riuscire a penetrarne il senso e a farlo entrare nel proprio mondo. Quella meravigliosa sicurezza in se stessi che la ragione contribuisce a fiaccare col tempo, nell’Infanzia è regina incontrastata. La facilità con cui Rota compone da piccolo lo accompagnerà sempre. Il suo catalogo è ricco di musica scritta per le sale da concerto che incontreranno il favore del pubblico e dei critici solo fino all’inizio degli Anni Settanta. Rota – che pure fu allievo di Pizzetti e Casella, nonchè ammiratore ed amico di Stravinsky – parlava un’altra lingua, da tutti ritenuta ormai voce di un passato dal quale ci si sforzava giornalmente di staccarsi per non sostenerne il peso e forse il confronto. Perso il sostegno della critica, poco potè il pubblico. Dopo la sua morte, la bellezza delle pagine “classiche” di Rota è rimasta oscurata, anche in parte dalla fama delle sue “opere cinematografiche”. Eppure la sua musica parla al cuore del pubblico, oggi come allora, e reclama di essere riscoperta per continuare ad evocare quel linguaggio incantato, la lingua della comunicazione franca, senza complicanze armoniche esasperate, la lingua della comunione che la “regina melodia” sa regalare, la lingua di un “Candide” che sgrana gli occhi sul mondo. (Maria Gabriella Bassi) C’erano già „Sette pezzi difficili per bambini“ (1971) per pianoforte solo: Salti e giochi, Capriccio, Cantilena ('Lullaby'), Le scalette, Grillo notturno, Puccettino nella giungla, L'acrobata....prima dei nostri cinque "Pezzi facili" (1972) per flauto e pianoforte. LA VISITA MERAVIGLIOSA: Viaggio in Italia sulle tracce di Nino Rota Nino Rota: Un Maestro Della Musica (documentario ted.) ….morto all'arresto LEONE SINIGAGLIA (1868-16 maggio 1944) fa studi musicali a Torino, Vienna e alla fine a Praga con Antonin Dvořák, cui si ispira nel lavoro sulla sua musica tradizionale piemontese. A partire dal suo ritorno, 33enne, a Torino nel 1901, e per circa i dieci anni successivi, Sinigaglia trascrive un'enorme quantità di canti popolari arcaici, circa 500, provenienti dalla tradizione orale, in gran parte raccolti dalla viva voce dei contadini sulla collina di Cavoretto. Nel 1920 Leone Sinigaglia riassume il progetto di raccolta sul campo, vicino Torino: „Un giorno d'estate 1902, sui Colli di Cavoretto, udii una contadina cantare una così bella canzone che ne rimasi colpito, e pensai che ricchezze nel campo di folklore musicale piemontese. Il libro di Costantino Nigra [i.e. 'Canti popolari del Piemonte', 1888] mi riuscì di molto aiuto in queste indagini. Leggendo il primo verso delle poesie alle contadine da me interrogate, sovente riuscivo, a poco a poco, a ridestare in loro il ricordo della melodia. (…) Queste canzoni erano quasi tutte dimenticate; non si cantavano più, salvo talora nelle lunghe veglie invernali. (…) È sovente difficile – nelle donne di tarda età – discernere a traverso il tremoglio della malsicura cantilena il segno chiaro del tema e la linea ritmica, interrotta soventa da „corone“ di carattere volontario e personale. Non potei pubblicare parecchie belle melodie, causa la mancanza di una strofe o di qualque verso. Non approvo i 'restauri' anche se ben fatti. La prima qualità che si richiede in chi raccoglie poesia e musica delle vecchie canzoni popolari, è l'onestà artistica spinta fino allo scrupolo...“ Sinigaglia Arrangia alcuni di essi in una versione per canto e pianoforte che molto risente del linguaggio della lirica da camera di area tedesca di fine Ottocento: nascono così le Vecchie canzoni popolari del Piemonte (pubblicate inizialmente a Lipsia da Breitkopf & Härtel nel 1914 in numero di dodici, in due fascicoli, successivamente incrementate con un terzo e quarto fascicolo nel 1921 e con un quinto e sesto fascicolo nel 1927), per un totale di 36 canzoni. Accanto a questa raccolta, per la quale il nome di Sinigaglia è ricordato ancora oggi, altre sue composizioni del medesimo periodo recano la traccia di un profondo amore per l'anima musicale della sua regione, come troviamo ad esempio nella Rapsodia piemontese (1900), nelle due Danze piemontesi op. 31 (1905) e nella Suite per orchestra "Piemonte" (1909), lavori questi ultimi cui è strettamente legato il nome di Arturo Toscanini, il quale li eseguì frequentemente. Del grande alpinista e attivista del C.A.I. si leggono i “Ricordi alpini delle Dolomiti (1893)” (Torino : Club alpino italiano, 1894) e - in riedizione - „Ricordi di arrampicate nelle Dolomiti : 1893-1895” Cortina d'Ampezzo: La Cooperativa di Cortina, 2003, quest'ultimo tradotto in inglese già in 1896 a Londra. La sua produttività diminuì progressivamente nei decenni successivi, mentre l'Europa musicale era attraversata da venti di grande cambiamento. La sua esistenza era destinata a concludersi in maniera tragica durante il secondo conflitto mondiale: l'origine ebraica lo rese oggetto delle persecuzioni della polizia nazista che occupava Torino durante il 1944; al momento dell'arresto una sincope ne causò la morte. Leone Sinigaglia e la sua sua sorella Aline erano solo due dei 1.386 ebrei arrestati dalla provincia di Torino tra il 1943 e il 1945. Artisti e compositori sono ancora quei perseguitati che, grazie a ricerche come quelle sulla musica reanimata, hanno le migliori possibilità di non essere dimenticati o rimanere senza nome. La Pietra d’Inciampo dedicata a Leone Sinigaglia si trova posizionata da Gunter Demnig il 17 gennaio 2017 a Torino in piazza Bodoni, davanti al Conservatorio “Giuseppe Verdi”. Non rimarrà l'unica cosa che Leone Sinigaglia e il suo destino ci ricordano in una (o nella) futura GIORNATA DELLA MEMORIA ITALIANA. Debussy al pianoforte nel salotto di Chausson CHOPIN: sotto voce appassionato agitato con anima con duolo con fuoco mezza voce LYSSENKO: mesto più doloroso languido DEBUSSY: très calme et doucement expressif très doux murmuré perdendosi SATIE: Très bien Toujours En se regardant de loin Tans trop frémir Ignorer sa propre présence Dans la tête (In the head) Sans s'irriter Finir pour soi. (Finish for yourself) Toujours. (Always) RAVEL: sombre et lointain modéré-très franc un peu pesant assez lent-avec une expression intense très expressif presque lent-dans un sentiment intime très doux et un peu languissant en se perdant Una breve lista di indicazioni tratte dagli spartiti delle composizioni in programma questa sera ci può dare chiara sostanza in un discorso scivoloso, quello che sembra essere tanto consono alle espressioni di Jankélévitch che parla di musica e di filosofia. Sono indicazioni che il pianista si trova a dover interpretare, e che in qualche modo si sovrappongono all'oggettività (qualora esista un'oggettività in un qualunque sistema di segni) della scrittura musicale. Premessa: in Italia abbiamo una pesante tradizione, che solo con gran fatica ci siamo scrollati dalle spalle (e ancora il lavoro non è compiuto), secondo cui la musica ha assoluto bisogno di essere tradotta in letteratura: l'estetica crociana dava alla poesia e alla letteratura il primato assoluto, e alla musica, causa la sua indefinitezza, il grado più basso, dunque i musicologi nostrani hanno dovuto costantemente (superando persino i giá abbastanza ingombranti psicologismi del secondo ottocento e i fervori sentimentali di epoca dannunziana) dare dignità letteraria alle opere musicali. La moderna musicologia italiana ha giustamente virato nettamente, aggiornandosi alla musicologia d'oltralpe, in primis quella anglosassone e quella tedesca. Ma se mettiamo in relazione quella lista di indicazioni sugli spartiti non con i problemi estetici di area italiana, ma con il pensiero e lo stile di Jankélévitch, possiamo subito notare una chiara rispondenza, una sintonia, una comunanza. Nello stile fluido e ricco, e radicalmente estraneo a qualunque sistematicità, di Jankélévitch, troviamo che quelle indicazioni, che sembrano sfuggire a definizione, che sembrano evocare qualcosa di indistinto, ma che invece distintamente si riferiscono a territori dell'espressione che sono sempre di confine, non solo sul piano sinestetico, sono assolutamente in risonanza con il suo discorso proprio sul piano estetico, filosofico, cioè sul piano della riflessione filosofica sul bello. Personalità geniale e genialmente non classificabile, Jankélévitch ha centrato la sua indagine su argomenti appartenenti, si direbbe, all'insondabile: la morte; l'attimo; il non-so-che; il quasi-niente; lo charme; la notte; il giorno; l'indefinito, la superficialità; l'angoscia. Se ogni filosofo nel suo filosofare dà la propria definizione di filosofia, ecco, Jankélévitch ne dà una totalmente eccentrica. Punto di riferimento resta Bergson, fin dagli anni giovanili; vi si innesta poi il pensiero legato all'esistenza. La musica gli appartiene come la filosofia, quasi in pari grado, anzi, con osmosi. Tra riflessione filosofica e critica musicale in Jankélévitch le pareti sono fatte di tendaggi mobili e trasparenti. Quegli stessi temi filosofici sopra appena accennati sono al centro dei suoi studi musicologici. I nessi che trova tra i Compositori e tra le loro opere sono spesso ellittici, soggettivi, azzardati, ma sicuramente stimolanti. La sua attenzione alla musica francese, quasi ignorando la musica tedesca (in perfetta sintonia con la sua dura riflessione sull'impossibilità di perdono della Germania dopo la tragedia dell'Olocausto e del nazismo), è radicale, ma anche naturale: non si tratta di scelta ideologica, ma di adesione estetica evidente. Il programma che presento è fatto di composizioni tutte (tranne il breve pezzo del compositore ucraino Lyssenko) citate negli scritti di Jankélévitch come momenti importanti se non paradigmatici. Jankèlèvitch al pianoforte La notte. Il notturno dunque. Il notturno che deriva dal canto dei gondolieri, dalla barcarola, dal suo ritmo cullante. Il ritmo dell'addormentamento. Il ritmo della piccola morte, che alla morte rimanda. La Ballata n. 2 op. 38 è quasi archetipica per la chiarezza del ritmo di barcarola, per la netta opposizione di un carattere notturno ed uno diurno, per la stessa dedica al musicista romantico per eccellenza, il (pur) tedesco Robert Schumann. La Ballata n. 4 op. 52 però porta oltre questi argomenti e li avvita in un girare angoscioso unito ad una grande ampiezza narrativa che agli occhi di Jankélévitch la rende, insieme alla Fantasia op. 49, una delle vette assolute dell'opera chopiniana. Nell'ambito del Notturno, specificamente, la perfezione sembra trovarsi nell'op. 27 n. 1, dove l'indefinitezza del ritmo liquido, il canto che sembra non definirsi, e il contrasto con l'essenziale drammaticità della parte centrale, sembrano connotare la vera dimensione funebre, e, in quanto attinente alla morte, strettamente relata alla vita, dell'idea stessa di notturno: il luogo dove ci si culla nelle fantasie che si liberano nel sonno e nel sogno si librano senza limiti. Nella cornice di queste composizioni chopiniane ho inserito uno dei più ampi Notturni di Gabriel Fauré, il n. 7 op. 74, che, nel suo funebre e lento incedere di prima e terza parte, e nel suo ottimismo illuminato da raggi solari che passano però attraverso le inquietudini delle infinite complicazioni armoniche, sembra uscire dai paradigmi chopiniani per avvicinarsi alla sensibilità più naturale di Jankélévitch. L'omaggio all'Ucraina attraverso il brano di Lyssenko intitolato Angoisse, angoscia, si inserisce senza forzature in questo arco. Un secondo blocco ci presenta il mondo della notte in altri momenti: dalla figura lunare della Fanciulla dai Capelli di Lino alle brume dell'antro delfico con le sacerdotesse che danzano nei fumi, un danzare che pare immobile per la sua sacralità; a questa immobilità risponde il non-movimento congelato degli astri di Satie, in questo pezzo quasi esoterico e meccanico, si potrebbe dire (usando una delle indicazioni che Satie scrive sullo spartito) estraneo a se stesso. In mezzo, la Musica della Notte, dalla Suite All'Aria Aperta di Bela Bartòk: un sentimento panico della natura notturna, ritratta sonoramente nei versi e nei canti di insetti e uccelli che ne animano l'arco, su cui si libra un canto nudo, puro, oltre la definizione di malinconia o mestizia. E il ritratto degli Uccelli Tristi di Ravel, incredibilmente affine alla notte di Bartòk, e che crea un collegamento anche col concerto del 3 luglio, intitolato Catalogue d'Oiseaux. Il terzo blocco è ancora affidato ad una composizione di Maurice Ravel: i Valses Nobles et Sentimentales: 8 valzer tra loro interconnessi, che portano come sottotitolo una citazione di Régnier, che dice "il piacere delizioso e sempre nuovo di un'occupazione inutile". La leggerezza, il non-so-che, lo charme; l'inutilità; in una grande composizione che sembra riassorbire il notturno e il diurno, la morte e la vita, nell'attimo prolungato di gioco senza profondità, e forse proprio per questo tipicamente francese, anche se il riferimento e l'omaggio di questi valzer raveliani è a Schubert, il viennese (!) che a inizio ottocento aveva scritto le due raccolte di Valses Nobles e Valses Sentimentales. Se Jankélévitch rifugge dalla psicoanalisi e dalla pregnanza psicoanalitica del mondo onirico, mi permetto di notare un curioso parallelismo con una figura che a Parigi ha vissuto, operato e scritto nei suoi stessi anni: Jacques Lacan. Entrambi scrittori torrenziali, eleganti e oscuri, entrambi geniali e innovativi, entrambi inimitabili, i loro mondi non si sono reciprocamente toccati. Però, io che ho costruito questo programma pianistico, non posso escludere la mia personale visione di tutti questi temi: la parola centrale di questo titolo, SOGNI, ha per me più a che fare con Lacan che con Jankélévitch, e azzardo la modesta ipotesi di poter trovare tra loro, in questo luogo della libertà, una possibile occasione di dialogo, attraverso la musica. VOILES | VELE
Era amico del poeta Jean Cassou, delle cui poesie proibite ("33 Sonnets composés au secret") ne mise in musica quattro nel 1944-54: "La geole" (n.3, LINK) , " Éloignez-vous" (n. 17), "J'ai rêvé que je vous portais entre mes bras" (n. 4) e "Il n'y avait que des troncs déchirés" (n. 8; 1954). Vedi anche "Chanson de la deportée" (1945; LINK). Le sue cinque parti “The Shadows of Time” (1997; LINK) sono una meditazione orchestrale sull'assassinio degli ebrei, dedicata ad Anne Frank ed altre vittime.
Nel frattempo Olivier Messiaen divenne suo mentore e amico quando insieme a Yves Baudrier e Daniel-Lesur fondarono LA JEUNE FRANCE nel 1936. Quattro ragazzi, tutti con forti tendenze spirituali. Jolivet era meno cattolico ma molto curioso della musica di altre culture, "musica indiana, canto arabo e arti magiche popoli equatoriali" (vedere la musica magica di "Los Pasos Perdidos" sul cubano Alejo Carpentier). Voleva tornare alla fonte del primitivo, e questa ricerca dava un risalto speciale al flauto e ai tamburi, "allo stesso tempo i più elementari e sacri degli strumenti primitivi", come disse.
II. 1940-44 (tempo di guerra): tradizione, rilassamento e fuga dal reale
III. dal 1945: espressione magica, musica meno tonale, melodie dal suono orientale e attenzione all’orchestrazione.
CATALOGUE D'OISEAUX
“Esseri capaci di volare e migrare da un polo all’altro come la sterna codalunga, raggiungere la straordinaria altezza di 11.000 metri in volo come i grifoni e la profondità di 560 metri sott’acqua come i pinguini imperatori; possono essere un tripudio di colori come il pavone o risultare completamente invisibili come una beccaccia; possono essere degli infallibili predatori come i rapaci o dei delicati impollinatori come i colibrì. Pigolano da pulcini e da adulti possono starnazzare se sono anatre, tubare se sono colombi, garrire se sono rondini e cantano producendo con la loro “ugola d’oro” anche due note per volta e comporre canzoni con 260 strofe diverse se sono usignoli. Sono gli uccelli che come noi ereditano geneticamente la voce ma culturalmente le parole.”
BENNO SCHNATZ
Heinz TIESSEN (1887 Königsberg - 1971 Berlino) era un ammiratore del filosofo Georg Simmel. Nel 1913 e nel 1914 scrisse le sue due sinfonie, che lo resero uno dei più importanti rappresentanti dell'espressionismo in musica. Giá nel 1915, prima che Richard Strauss lo promuovesse come maestro sostituto all'Opera di Berlino nel 1917, Tiessen scrisse il suo Settetto del Merlo op. 20, in cui elaborò vari richiami di merlo e li mise in musica, rendendo questo pezzo uno dei più impressionanti precursori dell'opera di Olivier Messiaen in questo campo. Per tutta la vita Tiessen ha coltivato una passione per il canto degli uccelli, in particolare quello del merlo. Iniziò a condurre una ricerca sistematica sulla struttura dei suoi canti che ha riassunto insieme alle sue esperienze nel volume del 1953 „Musica della Natura“, in cui ha scritto un capitolo di 100 pagine "Sul linguaggio tonale” e "Sulla forma del canto del merlo o tordo (bottaccio) nero”, volume ripubblicato nel 1978 e nel 1989. Al merlo sono dedicati vari brani per pianoforte (op. 18 e 31) e per orchestra (op. 21), ma anche Amselruf: Variazoni per viola e pianoforte op. 43b. Il suo capolavoro è la rapsodia lirica “Il merlo” per soprano e orchestra op. 62 del 1950, basata su cinque poemi del poeta merlofilo Max DAUTHENDEY (1867-1918)
Quando nella bianca stanza d'ospedale della Charité
Mi sono svegliato verso mattina
E ho sentito il merlo,
Sapevo che era meglio. Dopo lungo tempo
Non ho più temuto la morte. Da allora nulla
Può mai farmi fallire, tranne
Che se non io stesso a fallire. Adesso
Sono riuscito ad essere felice
Per ogni canto del merlo anche dopo di me.
ARTE PASSIONE VITA
Un programma in cui l'omaggio a Cesar Fanck nel bicentenario della sua nascita passa attraverso la lente della grande e tragica storia d'amore, d'arte e di pazzia che ha legato Rodin a Camille Claudel.
PAS DE DEUX
Nocturne: Blue and Silver – Chelsea (1871)
Nocturne: Blue and Silver – Battersea Reach 1870-1875
Nocturne: Blue and Silver – Bognor 1871-1876
Nocturne: Blue and Silver – The Lagoon, Venice 1879-80
Nocturne: Blue and Silver ca. 1872-1878
Nocturne: The Solent,1866
Questa grande strumentazione con un coro quasi strumentale può essere trovata anche più tardi nei "PIANETI" di Gustav HOLST (1916), nel coro del „Nettuno“.
Questi tre "Nocturnes" sono dedicati a Georges Hartmann (1843 — 1900), che sostenne finanziariamente Debussy dal 1894 in poi. La situazione finanziaria di Debussy divenne precaria dopo la morte di Hartmann, anche perché i suoi eredi chiesero che il denaro fosse loro restituito. Forse questo rende anche più comprensibile la dedica postuma di Debussy dell'opera „Pelleas e Melisande“ ad Hartmann. Quando Debussy non fu in grado di soddisfare queste richieste, gli eredi vendettero tutti i manoscritti in loro possesso e queste opere, tra cui, paradossalmente, il bestseller "Clair de Lune" dalla "Suite Bergamasque", furono pubblicate da Fromont contro la volontà di Debussy. Fu solo nel 1905 che Debussy firmò un nuovo contratto con l'editore Durand.
Ha studiato pianoforte e composizione a Vienna e Monaco, da ultimo con l'altoatesino Ludwig THUILLE. Dal 1903 Braunfels fu assistente del direttore d'orchestra Felix MOTTL a Monaco, che descrive come il suo vero maestro, e con il quale studiò anche Bruckner e Hector Berlioz. Nel 1909 egli stesso ha eseguito in prima assoluta le sue "Variazioni sinfoniche" (per pianoforte e orchestra) op.15. La prima delle sue opere ad emergere, tra cui "Gli uccelli" (da Aristofane) (1920, per la direzione di Bruno Walter) divenne anche la sua più famosa.
Nel 1945, dopo la fine della guerra, il sindaco Konrad Adenauer reintegrò Walter Braunfels come direttore della Musikhochschule di Colonia. Jeanne d'Arc, Paul Claudel, Berlioz... - la Francia e la sua cultura musicale sono rimaste per Walter Braunfels - dopo le proprie esperienze nella Prima Guerra Mondiale e ancor più nella Seconda Guerra Mondiale - un punto di riferimento fondamentale nel suo lavoro.
Esistono tre edizioni della versione per 2 pianoforti (una danese, una [americana] di Isidor Philipp e una terza di Alfred Cortot).
PAESE OCCUPATO - EBREI PERSEGUITATI & INNAMORATI: OLANDA
Il 7 settembre 1943 ci fu un trasporto in treno ad Auschwitz dal campo olandese di Westerbork, a sud di Groningen in Frisia. Lì il 23enne pianista di Amsterdam Mischa HILLESUM (1920-1943) aveva appena suonato come solista con l'orchestra del campo.
A bordo del treno c'era l' intera famiglia Hillesum di Amsterdam, con i figli Mischa ed Etty. Tre giorni dopo padre Levie "Louis" e madre Rebecca furono gasati. Esther, conosciuta come Etty HILLESUM, la maggiore dei tre figli, allora di 29 anni, sopravvisse ad Auschwitz solo fino alla fine di novembre 1943. Etty è nota per i suoi diari dal 1941 al 1943. Il diario della quindicenne Anna Frank era già noto e pubblicato nel 1947, in italiano nel 1954. Il diario di Etty è noto solo dal 1981.
Mischa si è sentito davvero a suo agio nel repertorio russo con Rachmaninoff, Scriabin, Moussorgsky, ma soprattutto con Chopin. È sopravvissuta una registrazione di un suo concerto del 1938. Mischa doveva essere il tipo di pianista che poteva facilmente impressionare le ragazze: sognante, fuori dal mondo, sensuale e molto dotato. La sua insegnante di musica Mien Kuyper-Canté, 44 anni, il doppio della sua età, ha convinto con successo il suo studente di pianoforte - e amante - a iniziare a comporre. Ha parlato delle grandi notti che ha passato con lui. Mien era probabilmente considerata piuttosto eccentrica: si dice che dopo la morte di suo marito, il leader socialista Rudolf Kuyper, abbia conservato la sua mano sul suo pianoforte. Fu anche Mien Kuyper-Canté che, dopo la morte di Mischa, conservò e salvò i suoi due preludi del 1939 e del 1940. Una delle sue poche colonne sonore sopravvissute è un arrangiamento per ensemble klezmer della "Fantasy on Jewish and Synagogal Melodies" di Maurits Samehtini, morto nell'aprile 1943 nel campo di Westerbork.
La musica di Mischa cadde sotto il divieto di esibizione per i musicisti ebrei dal settembre 1941. Erano ammessi solo i concerti in casa, le "serate nere", di cui Etty scrisse nel suo diario. Il padre del giovane musicista, consapevole della minaccia che il suo figlio piú giovane stava affrontando, si rivolse al direttore del Conservatorio Willem Andriesen per lettere di raccomandazione, quindi a Willem Mengelberg, il direttore d'orchestra. Da solo, Mischa sarebbe potuto andare a Barneveld, un campo d'élite simile a Theresienstadt, ma non gli fu permesso di portarci anche i suoi genitori.
Così Mischa Hillesum venne a Westerbork con la sua famiglia e suonò nell'orchestra del campo da giugno a settembre 1943, in cui, paradossalmente, erano ammessi solo compositori ebrei, prima che l'intera famiglia fosse deportata ad Auschwitz. C'è un'opera teatrale sulla storia della famiglia Hillesum:
George Isherwood, Mischa (basata sul libro Mischas Spel / Mischa's play), 2012 https://vimeo.com/60944010
Brescia
Copertino
Milano
Monte Stella
Rho
Roma - parco di Villa Pamphilj
La sonata per flauto di Dick è legata in modo speciale alla storia della Leo Smit Foundation https://leosmitfoundation.org/stories/the-loveletter. Dick, il violinista, ha dedicato un duo di violini a Mien Kuyper-Canté, che già conosciamo da Mischa Hillesum. I "Flirtations" per pianoforte a quattro mani raccontano apertamente da cosa era tanto impegnato il giovane Kattenburg in quel momento.
Ha dedicato a se stesso e alla pianista Walburga Schmidt la sua "Melodia popolare rumena".
Kattenburg aveva in programma di perfezionarsi a Parigi con Lucien Capet. Ha scritto con insistenza una composizione cameristica dopo l'altra. Dal gennaio 1941 gli ebrei dovevano essere registrati in Olanda e dal maggio 1942 dovevano indossare la stella gialla. Kattenburg si dedicò - come persona perseguitata - alla trascrizione di melodie ebraiche, usò diversi pseudonimi e rimosse il proprio nome dalle partiture. Era molto determinato a resistere.
Solo la Croce Rossa olandese ha documentato che Dick Kattenburg, questo grande talento compositivo, morì "tra il 22 maggio e il 30 settembre 1944".
BENNO SCHNATZ
PER BAMBINI DI OGNI ETÀ
RICORDANDO LA RAZZIA NEL GHETTO DI ROMA | 16 OTTOBRE 1943
NOTTE SOGNI MISTERO